Sentire la Pasqua quale festa di luce per una speranza vivificata
i Fabiola Cinzia Limuti
Viviamo un’epoca in cui si sente la necessità di nutrire la speranza, e non sono solo gli adulti ad avvertirla.
Le mie figlie mi riportavano di una conversazione con una ragazzina coetanea da poco conosciuta, che viene da una situazione di sofferenza, e di come si fossero interrogate tra loro sulla speranza cercando di incoraggiare questa nuova amichetta.
Alla sera, al momento della consueta preghiera, mi raccontavano di quello scambio di opinioni e hanno rivolto a me questa domanda impegnativa.
Abbiamo parlato insieme di famiglia, di amici, di sogni da realizzare, di fede, di amore per la natura e per le cose belle, di gratitudine per ciò che abbiamo, di tutto ciò che ci dà speranza.
Il tema del prossimo Waldorf Italia è proprio “Dall’angoscia del cuore nuovi impulsi per l’agire umano” e uno dei testi consigliati per prepararsi all’appuntamento di Rimini, fissato per il 20, 21 e 22 aprile prossimi, è “Come si può superare l’angoscia animica del presente”, Conferenza tenuta da Rudolf Steiner a Berlino il 10 ottobre 1916 (dall’Opera Omnia n. 168).
Questo è un testo di meno di 50 pagine al quale ho attinto tanta forza durante la scorsa estate, quando ci veniva incontro una dura battaglia.
In questo momento di Quaresima, in preparazione alla Pasqua, mi è sembrato di dover parlare, su queste pagine, dell’evento pasquale come di una luce che accende di speranza e mi sono attivata.
Tra la tanta bibliografia che mi è stata suggerita ho trovato che nella conferenza tenuta a Dornach il 27 marzo 1921 (Cosa vuol dire “Risurrezione”), Rudolf Steiner abbia detto delle cose molto interessanti e comprensibili.
Egli spiega come la concezione del Venerdì Santo, con l’immagine del Cristo martoriato e torturato a morte, sia sempre più stata messa in primo piano nell’evoluzione moderna, mentre l’idea della Risurrezione, il vero concetto della Pasqua, sia sempre di più andato scemando.
Abbiamo bisogno di vivificare la nostra cultura con il pensiero della Pasqua, di elevarci di nuovo allo Spirito.
Il pensiero pasquale deve diventare una festa interiore, nella quale celebriamo in noi stessi la vittoria dello Spirito sulla corporeità. Leggete quali parole usa Steiner!:
“La nostra interiorità ha bisogno del Cristo che entra nella nostra volontà, la riscalda, la infiamma affinché essa diventi piena di vigore, in vista di quelle azioni che l’evoluzione dell’umanità esige da noi.
Noi abbiamo bisogno non di quel Cristo che vediamo sofferente, ma di quello che aleggia sopra la croce e guarda dall’alto a ciò che sulla croce di inessenziale perisce” il Cristo risorge e comunica la lieta novella: d’ora innanzi in voi vi saranno le forze per vincere la morte.
Abbiamo bisogno di una salda consapevolezza dell’eternità dello Spirito e non lasciarci sopraffare dall’immagine della materia che perisce. Il corpo del Cristo sulla croce, la sua sofferenza, è connessa alla materia, ma anche l’uomo deriva dallo Spirito ed ad esso deve ricongiungersi.
Ecco la speranza, ecco l’idea di Luce!
Se nel Natale noi vediamo nel Bambino Gesù il sole che sorge a illuminare il mondo, nella Pasqua riceviamo l’annuncio che Gesù è risorto per non morire più.
Così la luce della Pasqua, rispetto a quella del Natale, ha un carattere più marcatamente esistenziale e morale, infatti anche noi siamo invitati a rinascere con Cristo e a improntare la nostra vita comportandoci come “figli della luce”.
Non è un caso che il Calendario dell’anima, dettato da Rudolf Steiner, parta proprio dalla atmosfera di Pasqua, dalla Primavera!
Il simbolo della festa di Pasqua è il granello di frumento che si sacrifica affinché nasca una nuova pianta. Ecco che il “sacrificio” e il “divenire” si fondono in questa festa. (Vedi la Festa di Pasqua da O.O. 54).
Sebbene la festività pasquale sia determinata dalla relazione fra il Sole e la Luna (tant’è che si tratta di una festa mobile e non fissata da una data precisa), tuttavia il significato più profondo della Pasqua deve essere sentito come la celebrazione del massimo mistero umano e non tanto come una festa della Natura legata al Sole. (Vedi o.o. 54)
“Ci viene chiesto di diventare creatori di cose nuove, non dobbiamo “accontentarci” della mera croce, pur con quanto di bello gli artisti ci hanno proposto. Dobbiamo dire le parole degli esseri spirituali che, a coloro che intraprendono un cammino di ricerca, nella morte e nel dolore proclamano: «Colui che cercate non è qui!». Dobbiamo allora cercare colui che è qui!
A Pasqua dobbiamo trovare il modo di rivolgerci allo Spirito che possiamo trovare soltanto nell’immagine della Risurrezione e poter diventare fautori degli impulsi di ascesa dell’umanità, contro le forze del declino.
Abbiamo bisogno di energie che sono in grado di contribuire al lavoro che c’è da fare (…) solo così il concetto di Risurrezione riaccenderá in noi le forze di cui abbiamo bisogno per l’evoluzione futura dell’umanità”. (vedi Cosa vuol dire “Risurrezione”?)
Così, come la creazione di Dio comincia con la parola: «Sia la luce!» (Genesi 1, 3),
a partire dalla Risurrezione, la luce di Dio si diffonde nel mondo e nella storia e si fa giorno!
Il Nuovo Testamento ci parla della Risurrezione di Gesù attraverso le testimonianze di coloro che lo hanno incontrato dopo essere risuscitato.
La luce del Cristo risorto è abbagliante, “il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve”( Mt 28,3).
Ma Gesù stesso, quando appare, dice : “Salute a voi!… Non temete” (Mt 28,10).
Scompare l’angoscia e subentrano gioia e pace.
La luce della Pasqua, cioè della vita risorta in Cristo, è la gioia da cui nasce la comunità, l’essere partecipi dello stesso annuncio, e del suo mistero, che si fa sostanza.
“Noi abbiamo bisogno del Cristo quale Essere sovrasensibile, di natura extraterrena, che pur tuttavia è entrato nell’evoluzione terrestre. Dobbiamo conquistarci questo pensiero che è come il sole di tutte le rappresentazioni umane”.
Come ci dice Steiner ne Il corso dell’anno come respiro sulla Terra : Affinché la resurrezione del Logos possa divenire la resurrezione di ciascun uomo, è tuttavia necessario che ciascun uomo liberamente la voglia, e quindi la attui, collegandosi attivamente con le forze dell’Arcangelo Michele, il “fiammeggiante principe del pensiero”.
“Le forze di Michele, spiega Steiner, non possono essere conquistate con una
qualsiasi forma di passività (neanche con la preghiera passiva). Le forze di Michele possono essere conquistate soltanto se l’uomo, con volontà colma d’amore, diventa uno strumento delle forze divino-spirituali. Le forze di Michele non vogliono infatti che l’uomo le supplichi, ma che si unisca a loro, e l’uomo può farlo se accoglie con energia interiore gli insegnamenti del mondo spirituale” .
Per la resurrezione di ciascun uomo, quella del Cristo è perciò condizione necessaria, ma non sufficiente. Per consentire alla forza redentrice del Logos di attuarsi, ciascun uomo deve infatti
lottare come Michele, e con Michele, contro il drago che domina la sua natura inferiore e manipola (con grande intelligenza) l’ordinario, l’intelletto: deve cioè lottare per elevare il pensiero dal sensibile al sovrasensibile, sottraendolo così ad Arimane che vorrebbe invece mantenerlo rigidamente ancorato (rigor mortis) al sensibile.
Ringrazio la maestra Greta Luppi per i suggerimenti bibliografici e Andrea Pasquali per il sostegno nello studio e nella stesura di questo lavoro.