Dalla pre-adolescenza all’adolescenza – II° parte

II parte: le basi di una relazione dialogica con gli adolescenti

Di Daniele Liberi

Qual è lo strumento principale che possiamo utilizzare nel terzo settennio? Steiner dice che il principale strumento educativo è la fantasia; la fantasia è il linguaggio di questa età. Non è ovvio cogliere il significato di questa indicazione: nel terzo settennio il gesto interiore dei ragazzi è rivolto verso l’elemento conoscitivo, ma quello che si conosce deve essere superato; ciò che proviene da una conoscenza è sempre rivolto al passato e deve essere superato da qualcosa che risponda alle esigenze della realtà ma che ancora non c’è. Cerchiamo di capire questo aspetto: per superare qualcosa che c’è, bisogna inventare qualcosa che non c’è e per farlo bisogna utilizzare la fantasia che è diversa dalla fantasticheria; la fantasia è l’immaginazione di qualcosa che non c’è e che può essere fecondo per il mondo, la fantasticheria è l’immaginazione di qualcosa che non c’è che non ci sarà mai in quanto non ha alcuna relazione con la realtà.

Questi sono gli anni di Harry Potter e di Tolkien e di tutto il mondo fantasy tramite il quale si manifesta il desiderio di qualcosa che sia in grado di superare il mondo che c’è; in questo superamento risiede il fascino del mondo fantasy mentre il suo limite risiede nel fatto che tale superamento si sgancia del tutto dal mondo reale. Tuttavia negare questo elemento di superamento è motivo di grande frustrazione e di delusione per i ragazzi. Andrebbe in realtà incanalato sui corretti binari per salvaguardarne la forza generatrice di entusiasmo.

Gli adolescenti pretendono che questo elemento di fantasia capace di fecondare la conoscenza sia presente nell’atteggiamento degli adulti, genitori o insegnanti che siano. La domanda, a volte anche esplicita, che i giovani di questa età ci pongono è la seguente: tu da adulto sei in ricerca o sei già arrivato? Se pensi di essere già arrivato non sei rivolto al futuro ma solo al passato; se è così non possiedi forze di superamento e non sei per noi giovani interessante. Ma se sei in ricerca, allora io sono interessato a ciò che stai cercando tu.

Un altro strumento che possiamo usare risiede nella nostra capacità di cogliere quali temi siano realmente appassionanti per una certa fascia di età. Per fare questo, bisogna porsi in una relazione vera con gli adolescenti; questa relazione si trasforma in uno strumento di autorevolezza.

Oggi purtroppo, tutto ciò che è artistico viene considerato culturalmente inutile poiché si ritiene che non ci sia spazio per l’elemento creativo; questo significa che la fantasia, facoltà che a questa età diviene realmente capace di fecondare il mondo, è completamente negata. Dobbiamo quindi ammettere che viviamo in una società anti-adolescenziale: fantasia, futuro, coraggio, spregiudicatezza sono attitudini interiori che si devono avere quando ci si pone di fronte agli adolescenti. Steiner afferma che “nel nostro tempo ci viene richiesta un’attività interiore, lo sviluppo interiore della volontà, è questo ciò che i giovani chiedono agli adulti”.

Sappiamo che il porre le giuste domande è un approccio estremamente fecondo con un adolescente. Cos’è una domanda se non un esercizio interiore? cos’è la ricerca se non un porsi con volontà interiore, con una tensione, in cammino verso qualcosa?
Uno dei più grandi disagi degli adolescenti è che la vita sembra non avere senso. Se questo pensiero penetra nell’anima dei giovani, allora il disagio è tale che la vita diviene qualcosa che non merita di essere vissuta. Il disagio interiore che nasce da domande esistenziali che non vengono prese seriamente in considerazione oggi avviene in maniera sistematica sia a scuola, sia a casa. Che questo sentimento del “non merita di essere vissuta” si esplichi in azioni autodistruttive o etero-distruttive non fa una grande differenza.

Questi sono i pericoli che rischiamo di fare correre a chi vive in un’età così delicata, in quegli speciali momenti nei quali nascono nell’anima le domande sul senso della vita.
L’impulso adolescenziale tipico del “voler fare quello che si vuole” ha una valenza importante. Non si può vivere la vita pensando che non si possa seguire quest’impulso interiore. Il tema consiste nell’aiutare l’adolescente ad illuminare questo impulso per sollevarlo da un iniziale basso istinto ad un livello superiore.
Dovremmo aver chiaro che, se nel primo settennio la cattiva educazione genera danni sul corpo che si sta formando, se nel secondo settennio la cattiva educazione ricade in parte ancora sul corpo e, in parte, sulle capacità di costruire relazioni, nel terzo settennio andiamo a colpire direttamente l’individualità che sta cercando il suo senso nella vita.
Nel primo settennio puoi fare dei danni e non accorgertene subito, così anche nel secondo settennio ma, nel terzo settennio, siccome sboccia la propria identità, il danno genera una quasi immediata reazione e la crisi si fa sentire con grande forza.
Se gli adolescenti generano grandi problemi, chiediamoci quali esempi di esseri umani hanno avuto davanti negli anni della scuola; chiediamoci se gli adulti che hanno incontrato avevano coraggio, spregiudicatezza e fantasia.
Se il coraggio non si manifesta in una forma cosciente e matura, prenderà forme triviali come ad esempio il provare a rovesciarsi una pentola di acqua bollente addosso o il fare delle prove estreme.
Il fenomeno di procurarsi tagli o ferite manifesta l’esigenza di percepirsi, di esserci, su un piano non interiore e fisico ma si riesce a destare la propria coscienza solo usando il corpo, solo usando il dolore fisico.
Porsi domande sul mondo, su se stessi, avere la capacità di cambiare, sono cose che hanno valore agli occhi degli adolescenti.
Come atteggiamento, dovremmo cercare di cogliere quale sia l’esigenza che si manifesta nella ricerca della socialità mediatica. Chiediamoci se, oltre a quella virtuale, i ragazzi stanno vivendo una socialità reale. Quante occasioni di socialità reale tra adolescenti riusciamo a costruire? Come affermavano i due psicologi nel libro “L’epoca delle passioni tristi”, chiediamoci: verso dove si muove il desiderio che unisce un gruppo di giovani?

Oggi la scuola educa all’utilitarismo: i giovani imparano a studiare per cautelarsi e mettersi al sicuro dai pericoli del futuro che viene sempre vissuto come una minaccia.
È importante avere presente che a questa età deve esservi una polarità tra lo sviluppo delle membra e quello della testa; se non c’è un equilibrio si finisce con il far prevalere la testa e ciò ha come conseguenza il rinchiudersi in una stanza come fanno i ragazzi che sono connessi col mondo solo tramite la rete. In alternativa si ha il prevalere degli arti che si manifesta attraverso la violenza. Lo sviluppo dell’individualità deve evolvere in maniera equilibrata e la polarità testa-membra deve svilupparsi in armonia. Sarebbe opportuno riuscire a creare situazioni di aggregazione tra i ragazzi nell’ambiente scolastico per farli stare insieme, anche sino a sera ma guidandoli in direzioni sensate e progressivamente autonome.
Chiediamoci ora: cosa può fare il genitore?
Da un lato, lottare contro il forte timore del futuro e, dall’altro, dialogare con vera trasparenza.

Il tema della fantasia non è legato al mondo dell’inutile ma a ciò che è fecondo. Siamo capaci di sviluppare fantasia rispetto al mondo reale? Immaginare ciò che non c’è ma che può esserci, questa dovrebbe essere un continuo esercizio interiore. L’insegnante che “vede con l’immaginazione” ciò che sta insegnando accende in maniera profonda l’animo dei ragazzi.

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